
Steppa, steppa... e ancora steppa!
E poi deserto, rocce, sassi, cavalli, cammelli, capre, pecore, gher, nomadi...
Elementi che si manifestano ciclicamente lungo il tragitto, diluiti da enormi distanze, così grandi che non si possiede più il senso della misura né una cognizione d'insieme, poiché tutto è fuori dalla portata di un uomo.
A volte arriva un leggero senso di sconforto, causato dall'eccessiva desolazione. Ma quel ritmo monotono ti ipnotizza lentamente, si aggancia ai tuoi pensieri e improvvisamente ti fa sentire a casa, nonostante tutto intorno sia palesemente estraneo.
La Mongolia è un viaggio difficile da raccontare. Se ci provo, non riesco a catturare l'attenzione degli ascoltatori, né a tirar fuori qualche aneddoto curioso come, ad esempio, capita con l'India.
Eppure è stata una meta che ho apprezzato molto. Ma il perché non lo so dire né a parole, né (credo) attraverso le foto che pubblicherò nei prossimi giorni (selezionate da un totale di 1.427 scatti).
Posso dire che questo paese è riuscito a trasmettermi un particolare stato d'animo e un senso di distacco maggiore, rispetto agli altri viaggi.
Non si può parlare di Mongolia, senza tirare in ballo i nomadi che la popolano. Ma, devo esser sincero, ammetto che non sono riuscito a capire fino in fondo lo spirito di questo popolo!
Sono persone ospitali, che offrono senza esitare da mangiare e da riposare a qualsiasi straniero. Ma al tempo stesso, ho trovato qualche difficoltà nello stabilire un contatto con loro.
Quel linguaggio fatto di gesti, sorrisi, espressioni, spesso viene a mancare, vuoi perché sono indaffarati a prepararsi per il cambio di stagione (in Mongolia l'estate porta tanto lavoro), vuoi perché il loro isolamento e la dura vita condotta li hanno resi poco propensi a salamelecchi e fronzoli comportamentali.
Nonostante ciò, ammiro queste persone, attente alla loro identità culturale (ritrovata da pochi anni) e affezionate alla loro terra, sebbene il loro animo sia curioso verso ogni novità.
La maggior parte delle foto le definisco "silenziose"; si tratta di luoghi dove l'uomo ha ridotto al minimo la sua presenza, pur mantenendo un profondo legame con le stagioni, gli animali, la natura. Perché da questo legame dipende la sua sopravvivenza.
Bayartai
data di pubblicazione
4 Set 2008
data dello scatto
9 Ago 2008
Canon EOS 350D + EF-S 17-85mm f/4-5.6 IS USM